Sentiero Tre Frati (C.A.I. 132)
Clicca sul sentiero e scarica il dettaglio del percorso.(Estratti dalla carta escursionistica dei sentieri del CAI Molise versante settentrionale del Matese-Scala 1:25000)
Lunghezza percorso (andata e ritorno): 7,5 km circa
Tale area si caratterizza per la presenza di tre faggi secolari che, si stima abbiano un’età di circa 550 anni. Ai piedi dei tre faggi, situati sulla vecchia strada che da Guardiaregia conduceva a Benevento, la leggenda narra che siano avvenuti alcuni episodi storici importanti. Tra i tanti, si ricorda quello di tre fratelli che furono impiccati sul posto, in corrispondenza dei faggi, per furto di bestiame. Come per magia, nelle sere di tempesta, il violento turbinio del vento e della neve sulle enormi e vetuste fronde dei faggi, sembra quasi ricordare le voci urlanti dei tre fratelli appena catturati. Un altro episodio è legato al brigantaggio post-unitario, in tale periodo (anni 1861-1867) tale luogo era il ritrovo delle bande di briganti fedeli alla monarchia borbonica di Napoli. Si decidevano strategie di sabotaggio e azioni di guerriglia contro i soldati piemontesi. In un incontro segreto avvenuto in questi luoghi i briganti, non riuscendo a fuggire, vennero catturati dai soldati piemontesi ed uno di loro, Giacobbe, fu giustiziato nella piazza di Guardiaregia, a colpi di baionetta, davanti la popolazione inerme.
Il doppiogioco di Tommasello
tratto da “Il Comune di Guardiaregia nella storia e leggenda” di Antonio Albanese
Tommasello Galeazza faceva il pastore e guidava gli armenti per le balze del Matese. Divenne confidente, informatore e messaggero di Libero Albanese, il capo banda più temuto. Tommasello per i suoi servigi, godeva dei frutti dei ricatti della banda, ma fu preso dal malvezzo del doppiogioco così riferiva al capo della guardia nazionale le mosse del brigante. Al tempo della transumanza, con le prime nevicate, i briganti partivano per svernare nelle Puglie. Con la complicità di Tommasello la guardia nazionale, in computta col presidio regio di stanza nel comune, tese un’imboscata in località Campate. Nello scontro fu ferito e catturato il brigante Giacobbe. Trascinato in paese fu finito lentamente a punta di baionetta sulla Liscia dei Tigli, lastrone di granito che ancora si conserva sulla piazza degli eroi e che anticamente veniva adibito alla misura dello scambio di derrate del mercato locale. La macabra scena era illuminata da una fioca lucerna che è rimasta per motto onde per dire di lampada affievolita, si usa ripetere: “Luccica come la candela di Giacobbe”. In primavera i briganti tornarono ai monti e vi tornò Tommasello, invano sconsigliato, certo che nessuno sapesse del suo tradimento. A sera, il gregge tornò al chiuso senza il pastore e senza il fedele cane da guardia. Preoccupati i congiunti seguirono il cane che pietosamente mugolava sul Matese e rinvennero il cadavere di Tommasello decapitato e orribilmente mutilato.